"Ma ciò che esce dalla sua bocca non è normale (S. Amico)"
Alla scoperta di Salvatore Amico, giovane talento della nuova narrativa contemporanea
Ci sono autori che sanno raccontare storie con una freschezza e un'autenticità rare. Salvatore Amico è uno di loro. Giovanissimo ma già dotato di una voce unica, con il suo libro Sogni, cartoni animati giapponesi e crescita personale ci porta in un viaggio tra immaginazione e realtà, tra nostalgie infantili e sfide adulte.
In questa intervista, scopriremo cosa lo ispira, come nascono i suoi racconti e quali sono le influenze che hanno plasmato la sua scrittura. Un’occasione per conoscere meglio un autore che sta già lasciando il segno nella narrativa contemporanea.
Buona lettura!
Buongiorno Salvatore. Partiamo subito con le domande: il titolo della raccolta è molto evocativo. Come nasce questa combinazione di temi così diversi tra loro?
I tre temi sono collegati: i sogni sono parte di tutti i manga, e la crescita personale lo stesso. Semplicemente, nella narrativa generale, anche di formazione, non è un accostamento banale.
Nei tuoi racconti c’è spesso un senso di introspezione e trasformazione personale. Quanto c’è di autobiografico nelle storie che racconti?
Nel cassetto ho diversi racconti totalmente autobiografici. Non li ho inseriti nella raccolta proprio perché non vorrei mettere troppo di me in pubblico. Però dei miei sentimenti c'è molto.
Il Giappone e i suoi cartoni animati sembrano avere un ruolo importante nel tuo immaginario narrativo. Come hanno influenzato la tua scrittura?
Hanno influenzato nelle tematiche come l’isolamento sociale o lo scontro generazionale. Per quanto riguarda i personaggi, mi hanno portato a creare dei protagonisti introversi e sognatori.
Il racconto “Il segreto nascosto nella vasca” ha un’atmosfera quasi surreale, con un protagonista intrappolato nella sua routine fino a un colpo di scena inaspettato. Cosa volevi trasmettere con questa storia?
La prima bozza di questo racconto l'ho scritto che andavo alle scuole medie. L’idea era che una persona morendo non se ne rendesse conto, magari perché morta nel sonno, e che quindi svolgesse la sua giornata senza rendersi conto che fosse un fantasma, fino a quando qualcuno non gli fosse passato attraverso. Rielaborandolo e leggendolo adesso, penso, di aver scritto, inconsciamente, delle mie paure del futuro.
In "Il volo dei ricordi" si percepisce un forte contrasto tra passato e presente, tra l'infanzia analogica e la digitalizzazione delle emozioni. Qual è il tuo rapporto con questi cambiamenti generazionali?
Io sono nato nei primi anni 2000, quindi ho vissuto tantissimi dei processi di digitalizzazione: dal passaggio del registro cartaceo a quello elettronico nelle scuole fino ai Bitcoin e alla realtà aumentata. Essendo piccolo, li ho vissuti in maniera naturale, ma, personalmente, con molta curiosità.
Alcuni tuoi racconti hanno una vena ironica e dissacrante, mentre altri sono più malinconici. Come bilanci queste due anime nella tua scrittura?
Semplicemente sono così nella vita quotidiana. Scherzo su argomenti tristi e seri e faccio discorsi filosofici sulle cose più insignificanti. Le battute e le riflessioni malinconiche, infatti, sono le cose che scrivo di getto.
La crescita personale sembra un filo conduttore di molte delle tue storie. Pensi che la narrativa possa davvero aiutare le persone a riflettere su sé stesse e sul proprio percorso?
Sì, non credo, però, servano quei manuali di crescita personale, se non scritti da psicologi e filosofi e, ovviamente, utilizzandoli come oggetto di studio e non come bibbia personale.
Se dovessi descrivere Sogni, cartoni animati giapponesi e crescita personale con tre parole, quali sarebbero e perché?
Conciso, malinconico, sognante.
A chi consiglieresti questa raccolta e cosa speri che i lettori portino con sé dopo averla letta?
La consiglio a tutti i ragazzi appassionati della cultura pop. A chi spera che l’animazione venga finalmente trattata dignitosamente. E a chi pensa che i fumetti siano una lettura più leggera dei libri.
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