Social in calo, poesia in cammino: che cosa resiste davvero al cambiamento


"La poesia è, fra le scienze, la giovinezza." Novalis"

Negli ultimi mesi si moltiplicano le analisi su un possibile calo dell’attenzione sui social network. In particolare, si parla di una diminuzione del traffico e dell’engagement su Instagram rispetto agli anni precedenti. Saturazione dei contenuti, stanchezza degli utenti, concorrenza di nuove piattaforme, algoritmi sempre più orientati alla pubblicità: le cause sono molte e strutturali.

Ma questo scenario apre una domanda più profonda: che cosa accade alla poesia, ai libri, alla scrittura e alla lettura in un mondo che cambia così velocemente?

È facile cadere in due illusioni opposte. La prima è pensare che senza i social il mondo del libro sia destinato a scomparire. La seconda è idealizzare la poesia come qualcosa di completamente separato dal proprio tempo, immune da ogni dinamica economica e distributiva. Entrambe le visioni sono parziali.

La poesia non nasce per contrasto con un mezzo di comunicazione. Non è “alternativa” ai social, alla televisione o a internet. La poesia è una pratica antica quanto l’essere umano: serve a dare forma al dolore e alla gioia, a interrogare il tempo, a costruire identità, a trattenere ciò che altrimenti andrebbe perduto. Per questo ha attraversato senza scomparire la nascita della stampa, della radio, del cinema, della televisione, del web. Ogni volta ha cambiato forma, linguaggio, spazi. Ma non ha mai perso la propria funzione.


I social, invece, sono canali. Possono amplificare, deformare, accelerare, rendere visibile. Ma non coincidono con la sostanza di ciò che trasportano. Quando un canale rallenta o perde centralità, non muoiono i contenuti umani fondamentali: cambiano i modi in cui circolano.

Qui sta il nodo più delicato del presente. Oggi gran parte della visibilità dei libri passa dai social, ma la sopravvivenza della lettura non dipende da essi. La lettura vive anche nei luoghi lenti e concreti: presentazioni dal vivo, passaparola, scuole, biblioteche, comunità locali, micro-editoria indipendente, incontri veri tra persone. Spazi che spesso diventano ancora più cruciali quando la comunicazione digitale si fa rumorosa o instabile.

Dire che la poesia “va oltre le mode” è storicamente vero. Ma è anche vero che ogni epoca impone alla poesia un confronto con i propri strumenti materiali, con i propri limiti e con le proprie possibilità. Non esiste una purezza astratta fuori dal tempo: esiste una capacità continua di adattamento senza tradimento.

Forse siamo in una fase di passaggio. Meno numeri appariscenti, meno viralità facile. Ma forse anche più profondità, più relazioni reali, più ascolto vero. La cultura non muore quando un mezzo si indebolisce. Semplicemente cambia sentiero.


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